"Scrivere poesie non è difficile.Difficile è viverle.." Charles Bukowsky

mercoledì 27 agosto 2014

Déjà vu di un giorno d'estate




Questo è il giardino dell'eden
laddove raggi obliqui
trafiggono l'ultimo respiro d'amore.

Tutt'attorno tace.

Tace l'imbarazzo delle ombre,
fuggevoli fiori dell'anima
che cesellano  notti insonni
passate tra l'oblio incessante
dei tuoi baci intensi.

E tu, chiusa nel tormento
ti elevi nello sguardo purpureo
perso nelle folte spirali del cuore.

Le tue mani sfiorano le mie
e nella conta infinita delle ore
fisso le tue dolci pupille
e le pongo al di là della luce
sopra giacigli di confidenze.

Carezzevoli sinfonie
distese nell'intimo del tuo seno....


martedì 19 agosto 2014

Recensione alla raccolta di poesie "Lanterne per riconoscermi" di Maria Luisa Mazzarini




Conosco da tempo l’amica e poetessa Maria Luisa Mazzarini, e vorrei affermare senza timori di sorta d’esserne intellettualmente onorato per la stesura di questa recensione inerente la sua ultima raccolta di poesie dal titolo “Lanterne per riconoscermi” edito dalla casa editrice Divinafollia.

Ho letto e riletto con attenzione questa silloge,  ed ho potuto ritrovare nelle parole dell’autrice  le note più autentiche della poesia stessa là dove la sensibilità umana tende a dipingere, seppur in forma ermetica, quella strada  fatta di sogni, di doni, di emozioni, di illusioni, di abbracci e di baci… frutti talvolta aspri, incompresi,… ma sempre lontani dal carattere di insapore cosmesi che hanno i prodotti di serie.

“Taci/Non aggiungere parole/a un silenzio/pieno di voci/Il cielo/il mare/il vento/ Ascolta/il cuore della notte/fino all’aba/ora si parliamo,/tenendoci per mano”
Versi che non perdono mai il contatto con il cuore, versi che sanno volgere lo sguardo sia al rigagnolo delle emozioni che scorrono  accanto al cielo in perenne mutamento di colori e segni. 

E’ questa  la poesia che nasce dalla sua totale liberazione dell’anima, lontana  da toni epigonali e stanche ripetizioni, da sperimentalismi crespi di qualsiasi sorta.

“A tocco lieve/di soffioni d’erbe/nel vento si perdono/Eppure/d’essenza d’amore vivevano./solitari/sul ramo cantano/usignoli”
Ecco la bellezza che è nella luce che esalta la natura delle cose e che non si somma, ma si amalgama nei giochi di sovrapposizione a partire dai suoi elementi più piccoli.

La concretezza dei versi si fonde con un’esigenza comunicativa aperta agli altri e alla ricerca di parole che svelino il senso delle relazioni umane, frammenti del proprio io, che aderiscono ai luoghi e ricordi del suo essere donna.

In Maria Luisa predomina lo sguardo che si sofferma sui particolari, coglie stati d’animo e colori ma tutto rimescola nelle insolite traiettorie della poesia:

“D’assenzio/labbra serrate/senza rossetto/a interrogare/un perché/perso/nel silenzio/d’un orgoglio/senza luna”

Chi scruta, guarda, sbircia, vede e, insieme, tesse fili, lo fa spesso guardando non solo indietro, al ricordo, ma innanzi a sé, «al di là del vetro», sa cogliere la luce giusta e, con moto proprio, illumina, indirizzando lo sguardo di chi legge e ascolta, il dettaglio e l’insieme, il colore e il candore. 

Illumina scene presenti e passate, oggetti cari a chi scrive e carichi di “segni”: cieli di stelle e perle di smeraldi incastonati nelle spirali di una vita senz’alcun respiro.

“Dal giardino/nevicano fiori/Su tende velate di rosa/veste/di sogni…”
Una poetica, quella di Maria Luisa Mazzarini, che rivendica la propria dignità ad esistere facendone la ragione stessa del fare poesia, al pari di metafore che divengono al tempo stesso  creature che si espandono dall'essere al divenire.

Da qui la creaturalità, che si snoda in un ciclo continuo proprio della femminilità per eccellenza, un incipit che immette nell'atmosfera di una scrittura romantica, fascinosa e sapienziale, propria dei connotati sematici delle sue parole, le stesse  che diventano  ritmo del corpo, chronos dello spazio, anche in una visionarietà onirica. 

Concludendo vorrei sottolineare come la poesia di Maria Luisa Mazzarini  sceglie un linguaggio semplice per descrivere la complessità dell’ego e dell’anima.

L’accessibilità del linguaggio è un merito conquistato a dispetto di chi facilita in apparenza, ma banalizza nella sostanza. Il mondo nelle cose si percorre in volo e si torna a ripercorrere per scelta, soffermandosi ogni volta su un aspetto nuovo, diverso, ma articola e argomenta un invito ad aguzzare lo sguardo e, di conseguenza, a operare scelte.

A tal fine ho voluto scegliere un aforisma di un celebre filoso e poeta a me caro – Khalil Gibran – lo stesso usava dire:  “Vorrei che andaste incontro al sole e al vento con la pelle, più che con il vestito, perchè il respiro della vita è nella luce solare e la mano della vita è nel vento.

giovedì 14 agosto 2014

"La casa nel borgo" Maria Enrichetta Giornelli (recensione)


 
 





RECENSIONE ALL’AUTORE


Carissimi lettori mi accingo per la seconda volta, nel volgere di poco tempo, a recensire l’ultimo straordinario lavoro dal titolo “La casa nel borgo” dell’amica poetessa Maria Enrichetta Giornelli, un mix intelligente ed eterogeno incastonato tra racconto tradizionale e silloge poetica.

Da una prima lettura dell’opera in questione, sono rimasto colpito dalla straordinaria sensibilita’ della sua narrazione, testimonianza di una singolare ricchezza umana e caparbia liberta’ emotiva.

Il linguaggio utilizzato da Maria Enrichetta è un linguaggio discorsivo, tenue, quasi colloquiale, seppur illuminato dalla grande cultura e conoscenza dei classici. Il suo “scrivere” è consolidato da figure evocate con amorevole dolcezza propriamente crepuscolare: la famiglia, la zia Amelia, la terra nativa, il mondo agreste che circonda il borgo e, soprattutto, la natura. Una natura “personificata”, tutt’uno con l’autrice, che vive una sorta di autentico panismo che la riporta alle antiche radici origini d’una umanità non ancora corrotta dal progresso, rispettosa del suo mondo e delle sue matrici sociali - culturali.

  • “La sera rimanevo con il nonno nel saloncino della musica tra le litografie che rappresentano ritratti di presunti antenati e lo ascoltavo passivamente , fissandone gli occhi sognanti nelle pupille socchiuse, mentre suonava al violino vecchie arie.”
Ogni parola di Maria Enrichetta nasce da uno slancio esistenziale laddove questa peculiarita’ viene espletata in modo elegante, dolce, non aggressivo,…mai ridondante e, soprattutto, una sorta di “sermo humilis” lontano da rigurgiti retorici . Per lo piu’ la ricerca insita nella poesia, intesa quale elemento edificate dell’umanità, diviene forza interiore che sviluppa una concezione vitale dove la poesia stessa non è piu’ “ leggenda” bensi’ movimento costante dell’intero essere vivente.

  • “Occhi spenti nel buio della luna/ celavano i tratti sfiancati/ di un volto cadente/rigato da solchi profondi/ Racconto dalle tenebre/ l’uomo affidò all’ombra/ la propria vita.”
Nelle poesie di zia Amelia, infatti, sono sempre presenti componenti di malinconia e di tristezza, che, però, vengono bilanciate dal suo amore per il borgo, la sua gente, dal suo incanto per la vita, seppur dolorosa.

A volte, nel suo percorso introspettivo sussiste una ricerca velatamente tormentosa ai propri interrogativi ma, la ricerca o analisi stessa, diviene sempre lucente, capace di raggiungere cristalli di pura ontologia e di etica umana senz’alcuna banalita’ ai contenuti stessi.

  • “Il vento segnava/ nello slancio lieve dei gelsi/ parole affiorate dall’arsura/ di una focosa estate/tra spruzzi di salsedine/nelle grotte intrise di nebbia”

  • “Il fumo delle arse erbe/ cela queste zolle/naufragate nella piazza/dove sprofonda il peso di un’orma/infangata/la melma del tempo/imprigiona l’animo/con la sbarra delle membra/un labirinto di materia/che distrugge lo spirito inerme”

Potrei azzardare a definire questa opera letteraria come la celebrazione delle “piccole cose” di memoria Pascoliana…laddove Pascoli, per l’azione del fanciullino, tendeva ad attribuire grandi valori alle piccole cose, mentre Maria Enrichetta comprende che solo l’accettazione delle cose “quali esse sono” permette di vivere e realizzare tutti quei sogni umani che passano attraverso la poesia.

  • “..sono convinta che la poesia diverrà il nuovo canto del borgo globale dove, accanto le canzoni avranno vita autonoma anche i versi che, con energia inesauribile, scaveranno all’interno di ogni uomo, di ogni cultura, rinvenendovi l’essenza comune della storia universale dell’umanità”

Maria Enrichetta, nella sua delicatezza interpretativa, mette in moto tutto l’essere del microcosmo poetico, dipingendolo sopra quadri di vita là dove tutto diviene “hebel”, cioe’: vento d’amore, soffio del silenzio, sogni che si infrangono all’alba, goccia di vita che evapora nei cuori delle persone, icone rarefatte nelle mani di Dio… un connubio di tutte le vicende soggettive che si appellano continuamente al mondo come contesto, come sede di quel flusso esistenziale da cui solo contingentemente si distacca l'io individuale.

  • “..l’inquietudine di quelle notti quando le lontre, come allora si sosteneva, spostavano le tegole del tetto con impetuoso fragore, mentre le cime dei cipressi si volgevano minacciosamente verso la finestra della mia camera divenendo misteriose ombre trascinate dalla furia del vento”

Entrando nello specifico del suo ultimo libro, potrei dire che mi sono ritrovato in quello “spazio di liberta’ assoluta”, scoprendo il “luogo o fiore piu’ bello ” attraverso valori intrinsechi alla vita, alla pace, alla liberta’, alla giustizia, all’amore in generale, al tempo che si è fermato….ed è appunto quello del tempo il motivo che attraversa e unifica la corrosione e la decadenza del mondo di affetti concordi necessari alla vita e, in primo luogo, all'esistenza della poesia.


Ed anche se gli eventi della vita ti spingono lontano, verso altre sponde, a volte senti la necessità di tornare, correndo da Lei per respirare quell’aria così particolare, quei profumi così intensi che hanno cesellato l’anima della tua infanzia, della tua adolescenza. Senti il bisogno di corroborarti per ritrovare la forza di proseguire nel cammino della vita.

  • “..Il borgo accoglie/la luce del giorno/spemperando le rissose/nubi nei sapori antichi/esalati dalle finestre/ con i vetri fumosi/ nel fruscio della brezza/che annuncia l’autunno”

Ciò che importa, sembrerebbe dire la scrittrice, è ciò che si porta dentro, la passione che si spende, quello che si tiene nel cuore e che forse può durare ed essere ritrovato al di là di ogni mutamento. E' questo cuore il vero luogo della narrazione di Maria Enrichetta Giornelli, un filo esilissimo, fragile e prezioso; un filo dei sentimenti, che si può custodire soltanto con amore....a tal proposito e concludendo, vorrei citare un grande scrittore russo, Fedor Dostoevskij, nel libro “I fratelli Karamazov” , laddove egli stesso scriveva:

  • “ Sappiate, dunque, che non c’è nulla di più elevato, di più forte, di più sano e di più utile nella vita che un bel ricordo, specialmente se è un ricordo dell’infanzia, della casa paterna… Se un uomo riesce a raccogliere molti di questi ricordi per portarli con sè nella vita, egli è salvo per sempre. E anche se uno solo di questi ricordi rimane con noi, nel nostro cuore, anche quello solo può essere un giorno la nostra salvezza.”


martedì 12 agosto 2014

Perduto nell'immenso





Tutto risulto' cosi' appagante
nel dolce risveglio del giorno
dove la mano dell'amore
accarezzava gli ultimi
pulviscoli d'oro della notte
depositati nel manto del tuo profumo.

Nessun canto desta le infinite emozioni
che danzano sopra un palco di stelle
e come passi rotti dalla prima rugiada
bagnano le tue labbra delicate
nel pieno respiro dell'anima.

Io ti guardo perduto nell'immenso
e nulla toglie al ricordo remoto
la vastita' delle tue dolci parole
le stesse che ad ogni ora
scuotono il palpito del mio cuore.





domenica 3 agosto 2014

Irraggiungibile desiderio




Pervaso dai tuoi respiri
innalzavo il canto dell’anima
fino a raggiungere
i limiti omertosi del silenzio.

Ombre solitarie percorrevano
le sponde incantate dei nostri sospiri
laddove i battiti dei cuori solitari
s’ intersecavano nel lento scorrere
del tempo che fugge all’infinito.

Tutto era cosi’ dolce agli occhi del mondo
…tutto era così tenue al pianto della notte.

Irraggiungibile era il desiderio
che pareva essere sempre più ardito
come un nido di seta cesellato
 nelle profonde spirali del nostro amore.

(SIBA)

* curiosando nel mondo dei blogger e di internet ho trovato una bellissima poesia di questo autore/autrice firmata SIBA...ho "rubato " questa perla e postata sul mio blog.